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Sulla qualità estetica e morale del discorso di fine anno di Beppe Grillo dalla catacomba. E sulla favola “La pecora nera” di Italo Calvino.

Creato il 01 gennaio 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
2015di Rina Brundu. Confesso di avere rincorso il video in Rete sul piede di guerra per tutta la mattinata: come si permetteva quel comico genovese di fare il mimicking al discorso di fine anno del Presidente Napolitano, soprattutto allo “storico” discorso di ieri sera durante il quale ha annunciato le sue dimissioni dalla carica di primo cittadino? Invece Grillo mi ha spiazzato! Mi ha spiazzato in-primis con l’inatteso “collegamento” dal “nuovo ufficio” (parole del leader M5S) della Casaleggio Associati, da quella catacomba – in certo modo carbonara – quanto mai necessaria per “cospirare” in tutta libertà, per riuscire a parlare di “cose che sono assolutamente proibite”, di concetti improponibili sotto il sole: lealtà, onestà…. faccende che “fuori” verrebbero “ormai percepite come rivoluzionare ed eversive”.

C’era qualcosa di esteticamente e moralmente valido in quell’atmosfera ricreata e curiosamente gotica, curiosamente dickensiana e goliardica ad un tempo. Anche il discorso imbastito ha tenuto sin da subito, senza annoiare: vi parlo senza rimpianti – ha detto Grillo, del resto cosa potremmo rimpiangere di questo 2014 che se ne va? Le balle di Renzi? Le balle del PD – L? Di due partiti che si sono uniti per disfare la Costituzione e i cui padri costituenti sono in galera? La verità è che forse il 2014 ce lo ricorderemo solo perché sarà leggermente meglio del 2015 – ha continuato il guru del M5S, finanche vantando un “sottile ottimismo”. “Tuttavia non possiamo neppure negare che ormai ci stiamo abituando a questo marcio, alla sua percezione, ecco perché bisogna parlare sottovoce… Ma chissà? Forse l’ebetino si toglierà di torno magari alle Olimpiadi, allenandosi sui cento metri ad ostacoli quando verrà rincorso dalla popolazione…”.

Poi Grillo diventa strategicamente nostalgico: ricorda che il suo Movimento esiste grazie all’iniziativa popolare, cita il V-Day del “2007” o forse era il “2009”… Rammenta le conditio-sine-qua-non che giustificano l’esistenza di quello stesso Movimento: via i condannati, due legislature “sennò ti fai le combriccole”… Ma siamo ancora qui, sempre grazie all’iniziativa dal basso, insiste: “Guardate non vi chiediamo niente, né voti né niente, fate quello che volete… ma il Movimento vi apre le braccia se volete collaborare, se preferite non dar deleghe a questa gente qui… (—). Perché non scegliere di diventare un Paese normale?”

Il va sans dire che le parentesi tonde nell’ultima riga del paragrafo precedente le ho messe io: insomma, non rappresentano una pausa nel discorso, ma rappresentano il momento in cui Grillo ha parlato del Referendum per uscire dall’Euro, il momento in cui mi ha praticamente riportato coi piedi per terra dopo l’iniziale esaltazione. L’idealismo dell’avere “la nostra sovranità economica”, del voler recuperare la nostra sovranità nazionale, del desiderio di garantire un reddito di cittadinanza per tutti, mal si concilia infatti con le nostre reali possibilità: noi purtroppo non siamo l’Inghilterra della Sterlina e pensare di uscire dall’ombrello prottetivo dell’Euro è pura pazzia.

Detto questo – proprio dopo avere ascoltato l’intero discorso del “Presidente” Grillo – ci si chiede perché Grillo e Casaleggio non abbandonino questo cammino inutilmente “etico” data la nostra limitata condizione umana, e si concentrino sul “buono e fattibile” che propugnano, perché se così fosse sarebbero davvero in tanti a “collaborare”, a partecipare al loro “Piano B”, proprio come richiedono. Perchè a Grillo bisogna dare atto di avere davvero fatto nascere un movimento-popolare che dà speranza alla Politica futura (la sua non è anti-politica ma vera Politica con la P maiuscola!), e che – come giustamente e orgogliosamente rivendica – non ha messo le mani nelle tasche degli Italiani.

La perla della lettura della fiaba di “La pecora nera” di Italo Calvino ha infine rappresentato un altro motivo di grande speranza per le motivazioni “importanti” e di legittimazione intellettuale del Movimento. E ci dà ogni autorizzazione a credere – pur con tutto il rispetto che non si dovrebbe mai far mancare al Presidente della Repubblica, a cui occorrerebbe dire “grazie” per avere tenuto in piedi la “baracca” in questi mesi di totale caos repubblicano – che quello di Grillo sia stato il vero discorso di fine anno per gli Italiani. Almeno l’unico, le cui linee guida estetiche e morali occorrerebbe seguire se non si vuole che a seppellirci siano finanche le macerie di quella “catacomba” che ci ha dato rifugio durante … la fuga.

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LA PECORA NERA

di Italo Calvino

“C’era un paese dove erano tutti ladri. La notte ogni abitante usciva, coi grimaldelli e la lanterna cieca, e andava a scassinare la casa di un vicino. Rincasava all’alba, carico, e trovava la casa svaligiata.

E così tutti vivevano in concordia e senza danno, poiché l’uno rubava all’altro, e questo a un altro ancora e così via, finché non si rubava a un ultimo che rubava al primo. Il commercio in quel paese si praticava solo sotto forma d’imbroglio e da parte di chi vendeva e da parte di chi comprava. Il governo era un’associazione a delinquere ai danni dei sudditi, e i sudditi dal canto loro badavano solo a frodare il governo. Così la vita proseguiva senza inciampi, e non c’erano né ricchi né poveri. Ora, non si sa come, accadde che nel paese di venisse a trovare un uomo onesto. La notte, invece di uscirsene col sacco e la lanterna, stava in casa a fumare e a leggere romanzi. Venivano i ladri, vedevano la luce accesa e non salivano.

Questo fatto durò per un poco: poi bisognò fargli comprendere che se lui voleva vivere senza far niente, non era una buona ragione per non lasciar fare agli altri. Ogni notte che lui passava in casa, era una famiglia che non mangiava l’indomani. Di fronte a queste ragioni l’uomo onesto non poteva opporsi. Prese anche lui a uscire la sera per tornare all’alba, ma a rubare non ci andava. Onesto era, non c’era nulla da fare. Andava fino al ponte e stava a veder passare l’acqua sotto. Tornava a casa, e la trovava svaligiata.

In meno di una settimana l’uomo onesto si trovò senza un soldo, senza di che mangiare, con la casa vuota. Ma fin qui poco male, perché era colpa sua; il guaio era che da questo suo modo di fare ne nasceva tutto un cambiamento. Perché lui si faceva rubare tutto e intanto non rubava a nessuno; così c’era sempre qualcuno che rincasando all’alba trovava la casa intatta: la casa che avrebbe dovuto svaligiare lui. Fatto sta che dopo un poco quelli che non venivano derubati si trovarono ad essere più ricchi degli altri e a non voler più rubare. E, d’altronde, quelli che venivano per rubare in casa dell’uomo onesto la trovarono sempre vuota; così diventavano poveri. Intanto, quelli diventati ricchi presero l’abitudine anche loro di andare la notte sul punte, a veder l’acqua che passava sotto. Questo aumentò lo scompiglio, perché ci furono molti altri che diventarono ricchi e molti altri che diventarono poveri.

Ora, i ricchi videro che ad andare la notte sul punte, dopo un po’ sarebbero diventati poveri. E pensarono: – Paghiamo dei poveri che vadano a rubare per conto nostro -. Si fecero i contratti, furono stabiliti i salari, le percentuali: naturalmente sempre ladri erano, e cercavano di ingannarsi gli uni con gli altri. Ma, come succede, i ricchi diventavano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. C’erano dei ricchi così ricchi da non avere più bisogno di rubare per continuare a esser ricchi. Però se smettevano di rubare diventavano poveri perché i poveri li derubavano. Allora pagarono i più poveri dei poveri per difendere la roba loro dagli altri poveri, e così istituirono la polizia, e costruirono le carceri.

In tal modo, già pochi anni dopo l’avvenimento dell’uomo onesto, non si parlava più di rubare o di esser derubati ma solo di ricchi e poveri; eppure erano sempre tutti ladri. Di onesti c’è stato solo quel tale, ed era morto subito, di fame”.

Featured image, screenshot dal discorso di Beppe Grillo dalla Rete. La favola è copiata dalla Rete, grazie a chiunque ne detenga il copyright, ma credo che diffonderla non faccia che rendere merito al suo autore.

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